UNA NUOVA POLITICA PER UNA NUOVA COSTITUENTE

di Vincenzo Pellegrino

LA CRISI DELLA DEMOCRAZIA COME CRISI DELLA RAPPRESENTANZA

Due concezioni della Politica a confronto

Considerazioni post-referendarie

Ebbene il 4 dicembre gli italiani hanno detto NO al pasticcio controriformista spinto avanti da Renzi a colpi di maggioranza in un parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata anticostituzionale; un parlamento che avrebbe dovuto limitarsi a recepire le censure della Consulta sul “Porcellum” per scrivere una nuova legge elettorale che, tanto per il nostro impianto istituzionale quanto per la tutela del principio democratico, non dovrebbe che essere di tipo proporzionale.

E invece no, questo parlamento illegittimo, oltre ad aver approvato una legge elettorale ancor peggiore della precedente, è stato spinto (attraverso un vero e proprio “colpo di mano” dell’ex Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano, che ha disarcionato l’indisciplinato Berlusconi per dare mandato prima al “tecnico” iperliberista Monti e poi, dopo la parentesi Letta, al discepolo Renzi) in un attacco controriformista senza precedenti che non solo ha intaccato i pilastri costituzionali per legge ordinaria (Scuola, Lavoro, Previdenza, Sanità, sono stati sabotati per legge) ma ha addirittura tentato uno stravolgimento in senso autoritario della Costituzione.

Solo l’estremo presidio del referendum popolare previsto dall’art. 138 della Carta ha impedito il varo di questa devastante controriforma; vale la pena sottolineare che, fosse stato per i “nostri rappresentanti”, oggi sarebbe vigente la costituzione Renzi-Boschi.

Scampato momentaneamente il pericolo e deciso di non rompere le righe dei comitati per il NO, è tuttavia evidente come, dal dibattito politico seguito al referendum nell’ambito della “sinistra di alternativa”, non emerga un’idea condivisa sul percorso da svolgere sulla strada della costruzione di una reale alternativa politica nel nostro paese (e in Europa): da un lato c’è chi pone la questione in termini radicali per cui, ogni prospettiva di cambiamento sostanziale del modo di concepire e praticare la politica non può prescindere da un cambiamento delle sue concrete forme e prassi (nulla può più essere come prima!); dall’altro chi invece continua a vedere, in una politica di alleanze e aggregazioni tra gruppi esistenti, la possibilità di fondare un “partito della sinistra” in grado di salvarci dalle ambasce del liberismo.

Si tratta ovviamente di due prospettive entrambe legittime ma radicalmente diverse e non si vede come esse possano conciliarsi nei termini di un progetto comune.

La recente proposta di Varoufakis (uomo politico di cui ho apprezzato l’operato quale ministro delle finanze ellenico e persona, a quanto si dice, dall’intelligenza sopraffina) di costituire anche in Italia un “terzo polo” di ispirazione antiliberista (vedi articolo di Matteo Pucciarelli su Repubblica del 17 dicembre) è ancora chiusa nella prospettiva di dare rappresentanza politica a una massa informe di rappresentati… Si tratta ancora una volta di una cerchia ristretta di individui con la pretesa di rappresentarne altri, i rappresentati appunto. Davvero nulla di nuovo sotto il sole e la rilevanza che viene data ai nomi illustri degli aderenti a Diem25 (da Chomsky a Loach, da Assange a Brian Eno) dà una chiara indicazione di come si tratti di un progetto concepito e guidato dall’alto. Esso denota una visone ancora estremamente paternalistica della politica, dove un’avanguardia illuminata fa da “padre – tutore – rappresentante” di una accozzaglia incoerente di individui che non ha neppure la qualità di Popolo!

Tutto questo è estremamente lontano da quello che, da un’altra prospettiva, si pone come la possibile “costruzione di un’alternativa politica” (cioè di una politica alternativa) in Europa nel nostro tempo.

Se non ci decidiamo a gettar via definitivamente una concezione della politica basata sulla rappresentanza e, quindi, sulla delega, non si farà alcun passo in avanti davvero sostanziale.

Il principio fondamentale ed irrinunciabile sulla via della realizzazione di questa politica altra è quello di AUTO-rappresentanza, dove il nucleo significante è proprio quell'”AUTO”!! Auto come Auto-nomia, come Auto-sufficienza decisionale ma anche come Auto-stima. Significa riconoscere e dare vera sostanza al principio di eguaglianza tra tutti i cittadini: ‘siamo tutti eguali davanti alla legge ed allo Stato perché tutti abbiamo lo stesso peso nel prendere le decisioni di carattere pubblico’.

Questo si traduce anche nella necessità/possibilità di auto-informazione, auto-formazione culturale dei cittadini, enorme allargamento della partecipazione attiva, capacità di decisione libera e autonoma; significa liberarsi definitivamente dalla dipendenza da un ceto politico parassitario che, coagulandosi in quelle orrende macchine egemonizzanti che si chiamano partiti, è causa del totale degrado in cui versa l’intero sistema politico nonché fonte scatenate della così detta “antipolitica”; nulla di più lontano dal significato che l’art. 49 della Costituzione, l’unico che li cita, dà ai partiti: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. È proprio quella prescrizione, “con metodo democratico”, che lega il concetto di partito a un’idea di democrazia diretta piuttosto che al sistema di delega totale sui cui si basano gli attuali partiti. I partiti, secondo la nostra Costituzione, sono libere associazioni di cittadini operanti con “metodo democratico”, non certo nuclei di potere in mano a pochissimi individui interessati unicamente al proprio tornaconto personale e totalmente asserviti agli interessi dei così detti poteri forti, ad iniziare dal potere finanziario globalizzato.

L’applicazione del principio dell’autorappresentanza vorrebbe dire inoltre “spersonalizzare” in senso positivo la politica, sbarazzandosi una volta per tutte dalla schiera di pseudo-leader e capipopolo che ci ammorba, portandola ad essere espressione della moltitudine anziché di una ristretta cerchia di portatori di interessi particolari.

Bisogna essere consapevoli che la strada qui prospettata ha bisogno di tempi medio-lunghi per portare ad una svolta effettiva e ciò soprattutto a causa della condizione di grave arretratezza culturale a cui è stato artatamente condotto il popolo italiano insieme agli altri popoli europei ma, pur in salita, è l’unica ad avere un respiro sufficientemente ampio per farsi interprete del radicale cambiamento che la fase storica ormai esige. Le guerre diffuse, l’entità dei fenomeni migratori, la débâcle economica, sociale e politica delle così dette democrazie occidentali, i cambiamenti climatici prodotti da un modello di sviluppo irresponsabile e insostenibile, sono tutti segni che dovrebbero indicarci l’urgenza di intraprenderla con decisione, per quanto ardua essa possa oggi apparire. In questo grave momento storico, servono senso di responsabilità e coraggio.

Le scorciatoie elettoralistiche, come abbiamo ben visto dal fallimento dei reiterati tentativi in tal senso, non hanno possibilità di successo se non supportate da un “metodo” radicalmente nuovo.

Se davvero Varoufakis, Loach, Eno e quant’altri vogliono favorire un cambiamento della politica di questa portata, dovrebbero limitarsi a “mettersi al servizio della causa”, al pari di tutti gli altri che intendano aderirvi, seppur con il privilegio, da personaggi famosi quali sono, di poter fare da “testimonial pubblici” di questa nuova concezione della politica. In questo senso riterrei utile che si aprisse un confronto tra queste due diverse prospettive, coinvolgendo tanto Diem25 quanto qualsiasi altro soggetto antiliberista di cui sia però riscontrabile l’onestà intellettuale, precondizione per l’instaurarsi di qualsiasi sana e produttiva relazione e fattore che dovrebbe scagliare i politicanti di professione “alla Vendola”, per citarne uno, fuori dallo scenario politico.

Se è indubbio che serva una forza politica in grado di spingere verso il cambiamento radicale di cui il paese, l’Europa e il mondo hanno estremo bisogno, essa deve avere le “carte in regola” per avere reali possibilità di successo: deve basarsi su di un principio di democrazia interna effettiva.

Sul come, nei fatti, lavorare alla costruzione di questo percorso, dovremmo cercare nella direzione della messa a punto di “strumenti” che l’era informatica, in cui ci troviamo sempre più immersi, può mettere a disposizione della politica. In questo senso, la costruzione condivisa e la sperimentazione di architetture informatiche per lo scambio di informazioni, il confronto e la decisione collettiva, appaiono quanto mai utili a superare tanto il leaderismo e la delega tipiche dei partiti quanto l’assemblearismo confusionario e inconcludente, quando non palesemente “pilotato”, proprio dei movimenti sociali e politici.

Se il sistema della rappresentanza ha costituito fino a ieri l’unica via per tentare di dare corpo al principio democratico in società popolose e complesse come le nostre, le ICT (Information and Communications Technology), che stanno di fatto cambiando il mondo in tutti i suoi aspetti, possono oggi consentirci di svicolarcene, riavvicinando la democrazia al suo significato proprio.

Per avviare concretamente questa svolta profonda della Politica partendo da dove siamo, cioè dal basso, dovremmo impegnarci a diffondere questa concezione di una politica nuova, fondata su principi di orizzontalità e trasparenza che potremmo sintetizzare nel motto “una persona, un’idea, un voto”, interloquendo con tutti quei soggetti in grado di comprenderne la valenza, senza stancarci né demoralizzarci per la mancanza di risultati immediati. È un cambiamento culturale profondo e non solo politico, quello che deve avvenire e come tale ha bisogno di tempo e tanto lavoro. Si tratta di sospingere un vero e proprio di passaggio di paradigma.

Purtroppo non basta desiderare un certo risultato per ottenerlo… Servono le giuste condizioni al contorno e una di queste è la presenza di una “massa critica” di persone sufficientemente consapevoli, libere e disposte a impegnarsi per il bene pubblico, in grado di avviare un processo che dovrebbe poi autoalimentarsi.

Atteso che i soggetti, anche collettivi, positivamente attivi in Italia sono davvero molti e si direbbe che nessuno sia disposto a riconoscere ad uno di questi la legittimità a porsi come polo di un necessario processo di ricomposizione politica che metta fine all’assurda frammentazione che li tiene separati, incapaci di lavorare insieme in un progetto comune, è necessario favorire l’aggregazione di questa “massa critica” proponendo una sorta di “spazio vuoto” che funga da luogo neutro di incontro.

Ognuno di noi, là dove si trova a vivere e operare, dovrebbe quindi iniziare a tessere relazioni, in questa prospettiva, verso tutti coloro che la possano condividere, cercando poi di co-organizzare un grande incontro aperto dedicato a delineare i principi di una filosofia politica nuova, fondata su orizzontalità, trasparenza, partecipazione e quindi superamento della rappresentanza politica tradizionale. Una sorta di brainstorming teso tra politica e scienze interdisciplinari (sociologia, scienze della comunicazione, informatica, teoria dei sistemi, ecc.) in grado di prefigurare e, in prospettiva, dare realtà al concetto marxiano di “intelligenza generale”.

Per questa via, ed attraverso una fitta serie di incontri sui territori, si dovrebbe puntare ad avviare una vera e propria fase costituente che, dopo la vittoria del NO al referendum, fosse in grado di incardinare il principio di sovranità nel Popolo. La sfida è alta ma cambiare il corso della storia non è mai stata impresa semplice!

Vincenzo Pellegrino

P.S.: Credo sia doveroso da parte mia riconoscere come molte delle idee che sono qui esposte, siano maturate dal confronto sviluppatosi nel gruppo politico PrimalePersone, fuoriuscito, sulla base di un’istanza di democrazia interna, dal percorso di Altra Europa.

 

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