Sintesi e proposte emerse dall’incontro di Bologna, 9 e 10 gennaio 2016 “Dalla rappresentanza politica all’autorappresentanza del mondo sociale”
PrimalePersone – per l’Assemblea Permanente
Sintesi e proposte emerse dall’incontro di Bologna, 9 e 10 gennaio 2016
“Dalla rappresentanza politica all’autorappresentanza del mondo sociale”
Come riportato nella relazione introduttiva, l’incontro di Bologna è stato pensato come un momento di confronto creativo sul come dar vita a un percorso sociale e politico che permetta di uscire dallo stallo della rappresentanza e, di conseguenza, in un drammatico circolo vizioso, dal blocco democratico in cui ci troviamo.
Ci siamo posti delle domande, che abbiamo deciso di lasciarle aperte nella loro definizione, senza nessuna urgenza di arrivare a risposte ora e subito, escludendo, soprattutto, risposte preordinate.
PrimalePersone si è posta, fin dall’inizio, il problema del metodo, individuando nell’orizzontalità dei processi interni un cambiamento sostanziale dei modi del “far politica”.
La dicitura “per l’Assemblea Permanente”, che compare dopo “PrimalePersone” indica la volontà di portare all’attenzione del mondo sociale politicamente attivo una proposta politica nuova da attuare assieme, con i tempi che saranno necessari e giusti per maturare, se avverrà, un percorso comune.
La giornata di sabato 9 gennaio ha visto la presenza di circa 110 persone, mentre la giornata di domenica (che proponeva una discussione più di carattere organizzativo interno a PrimalePersone) ha visto la partecipazione di una ottantina di persone. Molte le associazioni, i movimenti e i comitati presenti, tra cui alcune “Altre” Regioni, (Calabria, Liguria, Emilia Romagna, Puglia, Piemonte, Sardegna) che si erano costituite in continuità con l’Altra Europa e ne hanno poi disconosciuto la legittimità.
Le relazioni introduttive del mattino (Ambiente – Conversione ecologica e Lavoro, Democrazia e Costituzione, Scuola e Cultura) sono state pensate come stimolo per il lavoro del pomeriggio strutturato in un World Cafè, un metodo che favorisce l’orizzontalità della discussione, la creatività e la produzione di un pensiero collettivo che possa porsi come base per un’azione comune. Dalle relazioni introduttive è emerso un quadro politico e sociale del paese estremamente grave, con situazioni di sofferenza in tutti gli ambiti della vita civile presi in esame dalle relazioni stesse, con la conseguente necessità ed urgenza di avviare un processo inverso attraverso il quale, proprio grazie alla partecipazione diretta dei soggetti sociali più attivi, si possa dar luogo ad un’ampia ricomposizione delle istanze di cambiamento e delle azioni necessarie ad attuarlo.
Il World cafè è stato proposto non come strumento di approfondimento tematico ma come una riflessione collettiva sul “che fare?” relativamente alla promozione di una rinnovata partecipazione politica che permetta di aprire nuove strade di auto-autorappresentanza al mondo sociale.
I temi sono quindi stati “funzionali” per interrogarci in questo senso e sono stati scelti sulla base di una valutazione di priorità e di occasione per avviare sinergie nel mondo partecipativo.
Ci si è quindi chiesti come creare sinergie e convergenza politica a partire:
– dalle priorità in tema di conversione ecologica dell’economia e della società, lavoro, pace e migranti: Tavolo 1 e Tavolo 2;
– dalle priorità in tema di Democrazia costituzionale e diritti: Tavolo 3 e Tavolo 4;
– da quelle in tema di Scuola e Formazione: Tavolo 5.
Un’ulteriore domanda è stata posta nell’ambito del World Cafè: come riformulare in senso partecipativo la politica tradizionale, basata sulla delega come gestione del potere; come restituire senso alla Politica, partendo dal BASSO e attraverso NUOVE FORME di partecipazione, confronto, condivisione e co-decisione. Tavolo 6 e Tavolo 7.
SINTESI DEI LAVORI
Dai tavoli è emersa una sostanziale convergenza circa le priorità sociali e politiche da affrontare come occasione per avviare un processo partecipativo innovativo che permetta di maturare una nuova coscienza politica.
Sono emerse delle proposte di medio e lungo periodo ed altre più di breve periodo. Per una loro disamina puntuale rimandiamo alle relazioni dei singoli tavoli, ma dalla loro analisi sinottica si possono delineare alcuni elementi trasversali e connessi, qui riassunti e successivamente sviluppati:
1) La sostanziale convergenza sulla necessità di costruire una nuova fase politica che vada oltre la sinistra, intesa come sinistra di governo non alternativa alle politiche neo-liberiste (attualmente rappresentata dal PD) e intesa come alleanze partitiche a sinistra del PD che arrivano a una sostanziale convergenza sia negli obiettivi politici che nei metodi e nelle forme democratiche.
2) Sono emerse dalle discussioni due aree di mobilitazione importanti che possono divenire momenti di forte catalizzazione sociale e politica e che potranno avere una possibilità di sviluppo se sapranno dotarsi di metodi partecipativi e decisionali il più possibile orizzontali e policentrici e di una capacità di coinvolgimento di tutte le realtà sociali, a partire da quelle maggiormente propulsive e innovative:. Da esse si dovrebbe puntare a far nascere:
- Una Coalizione per la democrazia e i diritti (Costituzione, Salute, Lavoro, Istruzione, Diritti civili, ecc.) che vede uno stato nascente nelle mobilitazioni per la grave emergenza democratica che si concretizzeranno in un’ampia stagione referendaria per il NO nel referendum contro la “Deforma Costituzionale”, come l’ha definita dall’avv. Besostri, e negli altri possibili referendum: Italicum, No Triv , Scuola, Job Act.
- Una Coalizione ecologica che ha visto un possibile inizio nella Coalizione per il clima costituitasi in occasione di COP21 e nelle iniziative referendarie in materia ambientale, ad iniziare da quelle promosse dal movimento NO TRIV. Inoltre è stata sottolineata la necessità di coniugare la progettualità politica all’avvio e alla partecipazione a concreti progetti, esperienze, buone pratiche in ambito eco-sociale.
3) La necessità di una ricostruzione culturale del Paese, attraverso nuove azioni formative e culturali.
4) Un’ampia riflessione si è svolta sulla necessità di sperimentare nuove forme della Politica, capaci di allargare la partecipazione attraverso inedite modalità relazionali, di discussione, di confronto e di decisione.
5) Il positivo inizio, a Bologna, della sperimentazione di nuove forme partecipative orizzontali.
6)Lo sviluppo di alcune proposte operative da presentare al più presto a tutti gli attori politici e sociali.
1) Oltre la sinistra
L’ultimo tentativo di aggregare le sinistre e connetterle al mondo sociale compiuto con la lista l’Altra Europa, ben lungi dall’aver “riunificato la sinistra”, e al costo di sacrificare le componenti non partitiche o comunque più disposte all’apertura di uno spazio e di una modalità nuova di far politica, ne ha dissipato le potenzialità raccolte intorno all’appello iniziale in un attendismo che non ha prodotto nulla se non scoramento e frustrazione.
È stata manifestata molta perplessità verso le costituenti soggettivizzazioni a sinistra, calate dall’alto da gruppi politici e/o partiti identitari e autoreferenziali, che non sfuggono ai meccanismi di alleanza tra vertici partitici già sperimentati con esiti fallimentari e che dopo la rottura dei “tavoli unitari” rappresentano solo una parzialità del già piccolo e frammentato mondo a sinistra del PD.
Da più parti si è manifestata l’esigenza di andare oltre le pratiche politiche già sperimentate ed un forte impulso a fare rete tra gruppi e realtà di territori diversi per mettere in sinergia azioni e percorsi comuni, intrecciandole con le lotte dei movimenti tematici ai quali tutti apparteniamo e che sono le uniche che in questi anni hanno posto con forza ed efficacia le questioni politiche più rilevanti nel Paese. Da questa esperienza dal basso, deve nascere un’ identità politica entro cui riconoscersi per riuscire ad innescare un durevole percorso di unificazione, inclusivo e partecipativo.
2) Il possibile avvio di nuove coalizioni: la Coalizione democratica e la Coalizione ecologica
Dalle relazioni introduttive e dai tavoli è emerso il sostanziale riconoscimento che la novità politica può emergere dal mondo movimentista, dei comitati di lotta e di cittadinanza attiva, dal mondo delle buone pratiche in campo economico, produttivo sociale e culturale. Si è evidenziato che, mai come ora, protesta e proposta devono viaggiare affiancate in quanto l’una senza l’altra rischiano di non avere futuro, nei tempi e nei modi necessari per innescare un vero cambiamento. Rispetto a questo è emersa una esigenza di mappatura sia delle lotte che delle proposte di buone pratiche, favorendo la connessione anche a tra ciò che è già esistente in merito.
Le mobilitazioni a cui si sta dando avvio potrebbero essere occasione per l’attuazione di coalizioni dal basso, una coalizione democratica e per i diritti e una coalizione ecologica, in stretta relazione tra loro, dove il processo di autorappresentanza del sociale crescere.
Il modello neoliberista in cui tutto è merce, fondato sulla mistificazione della realtà e dell’informazione a servizio dei poteri economici globali, utilizza la riduzione dei diritti e degli spazi democratici come strumenti per allontanare i cittadini dalla politica. Le controriforme costituzionali combinate alla nuova legge elettorale, se confermate dai referendum, sancirebbero un’involuzione del sistema democratico che riporterebbe il Paese ai meccanismi alle condizioni che consentirono la nascita del fascismo (vedi legge Acerbo).
La riforma della scuola, la corsa alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, la politica energetica che rilancia gli idrocarburi, le “Grandi Opere”, la precarizzazione del Lavoro, ecc. vanno tutte nella direzione di un accentramento autoritario dei poteri che taglia democrazia e diritti e che devolve i beni di appartenenza collettiva, a partire dalla democrazia, al mercato come unico regolatore della società. Che queste politiche siano sostenute da governi di destra o di sinistra, come abbiamo visto, non sposta l’orientamento generale.
Cardine di un cambiamento reale di rotta è la conversione ecologica che regge insieme un modello di riorganizzazione della società e delle relazioni sociali, basato sull’ attuazione della democrazia partecipativa e di prossimità, sull’assunzione di responsabilità dei cittadini, sulla difesa e costruzione del lavoro, del reddito e dei diritti per tutti, oggi precarizzati per legge, e che sono totalmente negati ai migranti, che rappresentano la nuova frontiera delle vulgate nazionalistiche e/o di scontro di razze e religioni utilizzato strumentalmente, per continuare nelle politiche di accaparramento delle risorse planetarie attraverso la violazione del diritto alla stessa sopravvivenza sul pianeta.
Le politiche rivolte alla guerra, in un quadro europeo ed internazionale, divengono indispensabili per preservare gli interessi finanziari, compresi quelli legati agli armamenti, quando è evidente che solo attraverso la pace si può cominciare a ricostruire un rapporto di armonia col pianeta per la sopravvivenza di tutto il genere umano. In questo contesto si registra un drammatico arretramento delle conquiste sociali delle donne. Lo scontro più che di religione appare sempre più uno scontro tra generi, in cui il ruolo delle donne e la loro agibilità sociale e politica viene pesantemente messo in discussione di fatto anche in Europa, quando è evidente che sul corpo e la libertà delle donne si gioca il futuro delle nostre società. È necessario mettere a valore le buone prassi del movimento femminista ed aprire una discussione concreta ed aggiornata sul rapporto tra gestione del potere e società.
La necessità di riavviare un percorso comune partendo da una visione complessiva ed alternativa necessita di un percorso lungo di ricostruzione dal basso di uno spazio di partecipazione in grado di riportare l’interesse dei cittadini per la politica come strumento non di gestione del potere ma come agire comune al servizio delle comunità. La salvaguardia del territorio e dei beni di appartenenza collettiva, la loro gestione pubblica e partecipativa divengono prioritarie si contrappongono a quelle della privatizzazione dell’esistente, così come diviene prioritario costruire un’autorappresentanza delle lotte in cui i temi proposti siano perseguiti con coerenza e senza essere ostaggio di contrattazione politica o partitica. La stagione referendaria che si avvia sui diversi argomenti rappresenta una opportunità straordinaria per porre all’attenzione di un paese narcotizzato dalla di distrazione di massa, le questioni fondamentali che ineriscono democrazia, diritti e beni comuni, e per riprendere parola sul modello di società verso cui si vuole andare. La politica deve poter rappresentare e tutelare gli interessi dei cittadini e delle collettività e non quelli di un sistema di poteri economici, finanziari e criminali costantemente rappresentati attraverso lo spudorato conflitto d’interessi degli attori politici attuali.
La discussione non ha sottaciuto da un canto la necessità di aggregare in modo “riconoscibile” i cittadini sui temi considerati prioritari per costruire massa critica e di opposizione alle politiche del governo, dall’altra la consapevolezza che l’aggregazione di tutte le forze che operano già per il cambiamento, seppure in modo parcellizzato nel Paese, non possono riunirsi magicamente sotto una sigla o un contenitore politico, pena la coazione e ripetere lo stesso errore delle sommatorie, ma che si tratta di avviare un “processo” in cui è necessario sperimentare modalità nuove, orizzontali e realmente partecipative ed al quale tutti devono poter contribuire ed essere protagonisti perché si concretizzi in un cambiamento reale.
3. La ricostruzione culturale
In quasi tutti i gruppi sono sorte idee e proposte relative alla necessità di dare un nuovo impulso a un periodo di rinascita culturale e civile, capace di ricreare un senso di comunità, sviluppare nuove competenze, senso critico, capacità di intervento nella realtà sociale nonché strumenti per ricostruire un orizzonte ideale e valoriale con un nuovo entusiasmo nel perseguire questi obiettivi.
Si è contatta la latitanza del mondo culturale, accademico, intellettuale e artistico. Gli intellettuali possono invece svolgere un ruolo fondamentale in un momento storico come quello attuale che chiama chi ha più chiavi di analisi del reale ad una netta assunzione di responsabilità. Gli intellettuali, evitando protagonismi e vetrine, dovrebbero mettersi al servizio di un processo di cambiamento sociale e politico, sostenendolo con l’analisi, andando al cuore dei problemi, rendendo intellegibili a tutti le dinamiche economiche, sociali, politiche, mettendo a disposizione di tutti e di tutte strumenti di comprensione e nuove possibilità.
Il gruppo dove sono confluite le proposte su scuola e formazione ha sottolineato la necessità di rimettere al centro il percorso educativo, cercando nel contempo di stimolare l’opinione pubblica perché colga l’urgenza di avere studenti (i futuri cittadini) formati ed “informati”.
Collettivizzare il tema della formazione e della gestione dell’informazione per arrivare ad una ricomposizione della conoscenza, cosa che comporta inevitabilmente la necessità di formare le persone in continuità per tutto l’arco della vita. Creare continuità tra mondo sociale e luoghi formativi e, al contempo, far divenire le esperienze di cambiamento sociale, economico, culturale, artistico dei luoghi di formazione, incontro e trasformazione sociale e politica.
Inoltre, trasversalmente nei gruppo, sono sorte proposte di avvio di vari progetti di informazione e formazione:
- sensibilizzazione e formazione sulle tematiche costituzionali;
- formazione congiunta che favorisca la convivenza sociale tra italiani e migranti;
- formazione alle pratiche di conversione ecologica;
- formazione sui metodi partecipativi e la facilitazione sociale;
- formazione sugli strumenti informatici in genere e sulle piattaforme decisionali on line; attività che potrebbe favorire la nascita di nuovi rapporti intergenerazionali oggi particamente assenti tra nativi digitali e non.
4. Una Nuova Politica
Ci si è posti assieme la domanda di come riformulare in senso partecipativo la politica tradizionale basata sulla delega come gestione del potere e su come restituire senso alla politica, partendo dal BASSO e attraverso NUOVE FORME di partecipazione, confronto, condivisione e co-decisione.
Dai gruppi è scaturita la necessità di:
Un nuovo orizzonte ideale, una nuova “utopia” sociale.
Un nuovo linguaggio: diretto, lontano dalle ideologie novecentesche, coinvolgente, aggiornato nei linguaggi negli stimoli visivi e digitali.
Centralità della relazione tra le persone: ascolto, accoglienza, gestione del conflitto, cooperazione. Creare un “luogo” politico attrattivo in sé, dove le persone ritrovino relazioni positive, incontro, entusiasmo e creatività.
Centralità della dimensione territoriale come luoghi aggregativi di varie realtà su temi ed azioni specifici.
Una nuova cultura del “noi” che superi gli individualismi e i protagonismi e permetta la valorizzazione trasformativa di una vera “intelligenza collettiva”.
Una orizzontalità decisionale che permetta di superare la delega e i verticismi, ad iniziare da dentro i movimenti e i gruppi politici.
La priorità di una organizzazione territoriale che parta dalle lotte, dalle buone pratiche e dalle molte iniziative propositive che nascono nei singoli territori.
Nel corso dei lavori sono emerse differenze di visione, non sul merito (orizzontalità e territorialità) ma sul metodo, tra chi vede lo strumento di Liquid Feedback (piattaforma decisionale) come unico metodo attraverso il quale l’orizzontalità possa essere realmente tale e chi, pur condividendo il principio dell’orizzontalità, non lo ritiene, da solo, uno strumento attualmente capace di allargare la partecipazione.
Nella due giorni si è confermata l’idea che non si deve più puntare a costruire un “contenitore” della sinistra ma piuttosto contribuire ad un necessario processo aggregativo nel quale promuovere e sperimentare insieme forme e pratiche inedite di riappropriazione dello spazio sociale e politico. Anche sulla definizione di questo spazio ci si è confrontati; dalla fiera autodefinizione di “sinistra” proposta da alcuni per affermare un sistema di valori forti e condivisi, alla necessità manifestata da altri di superare le categorie novecentesche già erose dal neoliberismo, sposato con forza dalle socialdemocrazie italiane ed europee, in favore di una discussione sui contenuti e sulle proposte concrete di cambiamento che non riguardano in esclusiva il cosiddetto ‘popolo della sinistra’ ma che, parlando di democrazia diritti e conversione ecologica, devono divenire popolari, desiderabili e praticabili per tutti i cittadini.
La dimensione territoriale, l’autodeterminazione dei territori, delle lotte e delle proposte per il cambiamento resta fondante di una visione di cambiamento radicale che deve declinare il pensare globale sull’azione locale. Bisogna lavorare a costruire un sistema a rete di interrelazione e moltiplicazione degli esempi positivi tra territori diversi, di scambio continuo di esperienze e mutuo sostegno.
Pur nella consapevolezza che i tempi per concorre alle elezioni politiche sono di là da venire, non si esclude l’eventuale partecipazione ad esperienze amministrative locali, laddove se ne creino le condizioni, perché soprattutto sul livello locale è importante cominciare a far avanzare proposte concrete di cambiamento sia nelle prassi che negli obiettivi.
Per avviare un percorso sganciato dalle pulsioni identitarie bisogna muovere dalla consapevolezza che gli esiti di un processo comune non possono essere slegati dall’aderenza agli obiettivi condivisi e non possono essere precostituiti, ma saranno determinati dalla volontà e dal contributo di ognuno e dalla capacità di rimettersi in discussione per porre le basi della fiducia e del riconoscimento reciproco su un piede di parità. Si tratta quindi di navigare in mare aperto rispetto alle esperienze note, e di operare per la costruzione di una identità debole, in itinere, di scopo, basata sul costante aggiornamento del processo di costruzione del nuovo.
Sono state avanzate diverse proposte per sperimentare insieme nuove forme di partecipazione; dalla ricerca di un linguaggio e di una comunicazione che metta in comune i contenuti importanti e costruisca controinformazione, alla proposta di tenere discussioni territoriali in contemporanea in ogni regione e territorio, alla condivisione di promuovere un’assemblea nazionale autoconvocata da tutte le forze attive e propositive del paese.
L’impegno di tutti i partecipanti, anche se con accenti e con sfumature differenti, è stato in questo senso concorde sulla necessità di cercare insieme una nuova strada e forma che restituisca alla parola Politica senso e dignità, e la disponibilità a lavorare insieme per costruire relazioni positive che ci consentano di far emergere ed affermare un mondo nuovo.
Nota sul metodo adottato a Bologna
L’approccio partecipativo circolare, paritario e inclusivo, asseconda e stimola, con gradi di intensità diversi, il potenziale creativo ed espressivo e l’intelligenza collettiva delle persone per co-progettare e co-generare esperienze e processi culturali, sociali, economici, politici, artistici e permette l’avvio di processi cooperativi e la gestione di conflitti notoriamente divisivi.
Sulla base di questo presupposto, abbiamo proposto il metodo del ‘world cafè’. Il consenso ottenuto a riguardo ci incoraggia a proseguire nella sperimentazione di metodi di facilitazione sociale, approfondendo il tema, in futuro, anche attraverso formazioni specifiche rivolte a tutte e tutti. Le pratiche di facilitazione sociale che negli ultimi decenni si stanno diffondendo nel mondo aziendale, sociale e partecipativo in tutto il pianeta, attingono da varie fonti: l’esperienza di culture tradizionali, le pratiche dei movimenti pacifisti, l’esperienza del movimento femminista, le pratiche non violente, di mediazione e risoluzione dei conflitti, il sapere teorico e metodologico della psicologia sociale, dei metodi gruppali utilizzati in psicoterapia familiare o di gruppo, nel mutuo aiuto, nelle analisi organizzative e il team building, ecc. I movimenti sociali, diversamente dai partiti politici, hanno spesso utilizzato metodi di facilitazione spontanei: i movimenti per i diritti civili, i comitati e i movimenti ambientalisti, i gruppi femminili e femministi, ecc. Dagli anni ’70 in poi si è via via creato un processo di teorizzazione di pratiche maggiormente codificate. Oggi ci sono molte metodologie sperimentate e altre in via di crescita e sperimentazione. Tra queste una forma molto semplice e diffusa è il world cafè. Abbiamo voluto introdurre una prima blanda sperimentazione di questa metodologia, facendola precedere da delle relazioni svolte in senso tradizionale.
Il metodo di lavoro è stato accolto da alcuni con un po’ di spiazzamento ma con piacere dalla maggior parte dei presenti che hanno partecipato con entusiasmo e generosità.
Abbiamo altresì notato delle resistenze individualistiche e alcuni protagonismi che, amplificati nelle assemblee classiche, qui sono stati comunque gestiti dal metodo e dai facilitatori. Si tratta di creare una nuova cultura partecipativa che non soffochi l’individualità ma la potenzi nell’azione collettiva, evitandone però gli effetti divisivi e conflittuali.
Il limite principale è stato il tempo circoscritto. Si è trattata di una sperimentazione interessante che merita ulteriori occasioni di approfondimento con tempi più dilatati, tavoli meno numerosi e domande più specifiche.
6) Proposte operative emerse dall’incontro
A seguito della due giorni di Bologna, sono emerse le seguenti proposte operative:
1) La convocazione di un successivo incontro nazionale, promosso non solo da PrimalePersone ma assieme a tutte le realtà associative e movimentiste presenti a Bologna e con tutti quelli che vorranno unirsi per far crescere lo SPAZIO POLITICO aperto e orizzontale necessario ad avviare quel processo di autorappresentanza sociale e politica che riteniamo tutti necessario.
2) Sono emerse due ipotesi di lavoro rispetto ai territori che non è detto non possano trovare una convergenza:
a) Dare seguito all’incontro di Bologna costruendo una rete delle regioni che coordinino le azioni portate avanti sui territori, partendo dall’organizzazione di assemblee locali monotematiche. Per facilitare questo percorso e individuare i temi su cui lavorare è stato proposto un incontro tra i comitati territoriali da organizzare a breve.
b) Dare seguito all’incontro di Bologna con incontri territoriali simili a quello di Bologna invitando tutte le realtà del territorio che vogliono convergere. Questo darebbe modo di avviare iniziative in tutte le regioni non solo dove sono presenti “altre” regioni .
3) Vagliare la possibilità di avviare un giornale on-line come spazio informativo indipendente con tre sezioni: uno spazio di confronto generale, uno spazio per le iniziative territoriali, uno spazio per il mondo movimentista, sociale, associativo, ecc, uno spazio per raccogliere documenti frutto di ricerche e studi fatti sui temi affrontati (per condividere le informazioni fra tutti) che favorisca il processo di coalizione democratica e di coalizione ecologica in fieri.