Siamo a un bivio

La più grave crisi che il nostro mondo abbia conosciuto non accenna a finire. Anzi, diventa permanente producendo una pericolosa regressione sociale, politica, culturale, morale ed ecologica. Affonda le radici nelle gigantesche diseguaglianze, nell’umiliazione del mondo del lavoro, nel dissennato sfruttamento della natura e dei beni comuniche hanno caratterizzato l’ultimo quarto di secolo, nel ricorso sistematico alle guerre. E per crudele paradosso continua ad accentuare quelle diseguaglianze e quella spoliazione, a causa della gestione di un potere sempre più monopolizzato da una piccola minoranza di speculatori globali e di super-ricchi – di cui l’uno percento detiene la ricchezza di metà della popolazione mondiale – in un circolo vizioso che deve essere spezzato.

L’Unione Europea, lungi dal rappresentare una possibile alternativa a questo stato di cose, ne esprime un voltoottuso e meschino, accanendosi con politiche di austerità che nel favorire i Paesi più forti provocano l’ulteriore impoverimento e il degrado – vera e propria asfissia sociale – di quelli più fragili.

E tuttavia anche in Europa, proprio sulla sponda del Mediterraneo, si è aperta una breccia. Come già è successo in America Latina, la storia sembra essersi rimessa in movimento anche qui. In Grecia, in primo luogo, dove Syriza è possibile forza di governo.Edove una vittoria il 25 gennaio mostrerebbe a tutti che quanto viene presentato come impossibile, in realtà possibile è. In Spagna, dove Podemos è oggi il primo partito per popolarità. Di qui può partire quel processo di radicale inversione delle politiche europee, l’unico che ci può salvare – perché nessun Paese può farcela da solo se non cambia l’Europa.

In Italia il quadro politico appare invece bloccato. Mentre la società si è rimessa in movimento, con il mondo del lavoro che ha ripreso con forza la parola, il Governo di Matteo Renzi si è attestato su una linea di frontale contrapposizione, incarnando pienamente quella stessa filosofia della Troika che ha condotto la Grecia sull’orlo della morte sociale, e portando a compimento il processo di dissoluzione del suo Partito come forza in un qualche modo ascrivibile alla “sinistra”.

Jobs Act e riforma del pubblico impiego, decreto Poletti e precarizzazione come forma principale del lavoro, Sblocca Italia, grandi opere e saccheggio del territorio, riforme costituzionali, riforma elettorale, privatizzazioni, “partito della Nazione” o “partito del Capo”, uniti a un asservimento indecente dell’informazione, disegnano il profilo di una vera e propria emergenza democratica e pongono con urgenza il problema di ridare rappresentanza a una parte potenzialmente maggioritaria del Paese oggi drammaticamente priva di riferimento politico, come dimostra l’aumento verticale di chi non andato più a votare. Tanto più dopo che si è consumata una frattura davvero “storica” – e riteniamo incomponibile – tra il mondo del lavoro e il partito di Renzi.

Il tempo è ora

Per tutte queste ragioni riteniamo oggi ineludibile la costruzione anche in Italia di un’alternativa politica credibile e reale, che costituisca un’effettiva rottura di continuità sia di visioneche di programma e di stile. Per ciò che propone. E per la pratica che ne contraddistingue l’agire.

Una proposta politica che per essere credibile non può che essere unitaria e insieme radicale, rompendo con la logica della frammentazione e delle continue divisioni e, insieme, innovando nel modo di organizzarsi e di concepire la politica e l’azione collettiva. La breccia che si è aperta in Europa e la riattivazione del conflitto sociale in Italia ci indicano una possibilità – che per ognuno di noi diventa una responsabilità – di tentare di “unire ciò che il neoliberismo ha diviso” e di rompere la drammatica separazione tra la dimensione politica e quella sociale.

Nel sottoscrivere questo “Manifesto” noi intendiamo metterci al servizio di un processo che porti alla costituzione di una sola grande “casa comune della sinistra e dei democratici italiani in un quadro europeo” saldamente ancorata nel sociale che preveda una tappa fondamentale nella presentazione alle prossime elezioni politiche di un’unica lista che, come già in Grecia e in Spagna, si proponga come autentica alternativa di governo. Una lista in grado di unire tutte le componenti sia organizzate che disperse di una sinistra non arresa alla austerità europea e alla sua versione autoritariaitaliana incarnata dal renzismo. Un soggetto politico unico e plurale, forte perché capace di dare una voce comune a tante componenti diverse, strategicamente alternativo al neoliberismo come visione del mondo, e in opposizione – sul piano elettorale europeo e nazionale -, alle forze politiche che l’hanno incarnato e allo stesso PD che su quella visione del mondo ha fondato non solo da oggi la sua politica di governo.

Non dunque un’esperienza “testimoniale” – la costruzione di una “piccola casa” per esuli delle troppe sinistre – ma una proposta all’altezza dell’emergenza in atto, la quale richiede di mettere in campo la maggior forza possibile per invertire la tendenza in corso. Per fermare un’azione di regressione sociale e democratica senza precedenti, portata fino al cuore dell’assetto costituzionale. Per arginare la devastazione di un patrimonio culturale condiviso. Per impedire che della frustrazione sociale approfittino forze e culture reazionarie e razziste. E per contrapporre a tutto ciò un sistema di valori e un modello di azione e di vita all’altezza dei tempiche diventi rapidamente maggioritario nel Paese.

È possibile individuare fin da ora una prima semplice piattaforma programmatica. Pochi punti, ampiamente condivisi da molti movimenti in tutto il mondo e da un grande arco di forze anche in Italia, intorno a cui è possibile una larga convergenza e sul cui lavoro di elaborazione potrà consolidarsi una effettiva pratica partecipativa, unitaria e inclusiva:

  • Spezzare le catene del debito pubblico con cui la finanza speculativa che ormai controlla l’economia del mondo intero tiene sotto ricatto i governi, si appropria di una quota crescente delle entrate fiscali, privatizza a suo vantaggio, sanità, scuola, pensioni, servizi pubblici e beni comuni con l’unico fine del profitto;

  • Porre fine alle politiche di austerità con un piano europeo di investimenti pubblici con l’obiettivo di una piena e buona occupazione, sostenere i redditi di chi lavora o cerca lavoro, contrastare la piaga del precariato che sta lacerando alla radice i legami sociali e privando del futuro intere generazioni, consentire il riscatto del Mezzogiorno, risanare l’ambiente, difendere i beni comuni, avviare la conversione ecologica dei consumi e del sistema produttivo per contribuire a sventare cambiamenti del clima irreversibili, che possono rendere tra breve invivibile tutta la Terra.

  • Promuovere l’eguaglianza tassando i grandi patrimoni e i grandi redditi, impedendo eccessive accumulazioni di ricchezza e potere, combattere la piaga della povertà (crescente) istituendo un reddito garantito che assicuri a tutti il diritto universale a una vita dignitosa; ripristinare ed estendere i diritti e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori, come nel caso dei licenziamenti illegittimi, ripristinare e sostenere la contrattazione collettiva nazionale e fare in modo che a eguale prestazione corrispondano uguali diritti e retribuzioni, restituire dignità alla vita lavorativa anche attraverso l’abrogazione delle recenti controriforme sulle pensioni.

  • Sostenere il diritto alla autodeterminazione di donne e uomini, anche lottando contro ogni forma, materiale e simbolica, legislativa e culturale, di patriarcato, sessismo, omofobia, transfobia.

  • Promuovere – ripartendo oneri e benefici tra tutti i paesi – l’accoglienza e l’inclusione di chi arriva in Europa per sfuggire alla miseria o a guerre di cui anche i nostri governi sono complici. Affermare il diritto a entrare in Europa per ricercare lavoro, il riconoscimento dello ius soli e l’abolizione dei Cie. Costruire una grande comunità dei popoli dell’Europa e del Mediterraneo fondata sulla pari dignità e sul sostegno solidale all’economia degli stati periferici. Combattere il razzismo che le forze di destra alimentano e sfruttano in tutta l’Europa per aizzare contro un bersaglio di comodo le vittime delle loro devastanti politiche economiche;

  • Affermare la democrazia in campo politico ed economico: difendere e dare attuazione ai diritti sanciti dalla Costituzione e imporre una trasparenza totale a progetti, bilanci, accordi, e trattative pubbliche e private. È questa una condizione irrinunciabile per coinvolgere tutta la cittadinanza attiva nella lotta contro la corruzione, le mafie e il malaffare; per difendere la sovranità popolare dalle aggressioni delle multinazionali; e per realizzare, a fianco di quella rappresentativa, una democrazia partecipativa: non solo nelle istituzioni ma anche sui luoghi di lavoro;

  • Dare vita a un’attiva politica di pace a livello europeo nella consapevolezza degli enormi rischi di guerra comportati dalla transizione egemonica mondiale che si compie nel cuore della crisi con lo spostamento del baricentro economico e politico mondiale dall’ovest all’est (dall’area atlantica all’asse Cina-India) e della necessità che ciò avvenga, a differenza del passato, in modo sostanzialmente pacifico e senza un massacro sociale;

  • Promuovere un pensiero fondato sul rispetto e la valorizzazione della natura, del vivente, di tutte le differenze di genere e cultura, sulla solidarietà come antidoto alla competizione di tutti contro tutti imposta dal “pensiero unico” dominante; una cultura che metta al primo posto le persone e che contrasti la violenza, la corsa agli armamenti e la guerra; contrastare lo smantellamento della scuola, dell’università e della ricerca pubbliche, depauperate e trasformate in culla della cultura della competizione.

La casa comune che vorremmo.

Perché porti al risultato necessario, questo processo costituente unitario non può essere il frutto della sommatoria di ceti politici ma deve riuscire a coinvolgere tutte le energie e le risorse che esistono nel Paese, con la loro diversità, nella dimensione della politica, del sociale, del mondo intellettuale e delle competenze.

Per questo siamo convinti che esso debba farsi intrecciando e riconnettendo più livelli: pratiche unitarie sociali e territoriali e dialogo politico. Radicamento territoriale e lavoro istituzionale. Campagne e vertenze comuni, promozione e sostegno a forme di solidarietà e auto-organizzazione mutualistica e comunitaria. È questa la condizione perché vi si possano ritrovare tutte le componenti e le iniziative, sociali e politiche, collettive e individuali, che hanno costruito l’esperienza della lista L’Altra Europa con Tsipras. Ma non solo. Lavoriamo a uno spazio politico ancora più largo, aperto a tutte quelle persone che condividono un’idea di giustizia e di solidarietà sociale, di corresponsabilità generazionale ed ecologica, di lotta ad ogni forma di discriminazione di genere o di luogo. E che possono riconoscere nell’azione del Partito della sinistra europea e del gruppo parlamentare del GUE un orizzonte d’impegno trans-nazionale che operi fin d’ora per la costruzione di vere e proprie coalizioni sociali a dimensione europea, in antitesi alle “larghe intese” continentali.

Uno spazio nel quale si possano ritrovare tutti coloro (e sono tanti, anche in Italia), i quali non vogliono rinunciare agli ideali di Eguaglianza, Libertà, Giustizia sociale, Dignità e Fraternità (il più negletto dei valori dell’89 francese): il “nucleo normativo” della modernità democratica, oggi insidiato da un potere globale che vede solo nel denaro e nella mercificazione l’esclusivo statuto del mondo.

A tal fine ci proponiamo di lavorare per sostenere la creazione di larghe coalizioni sociali di movimenti, associazioni e forze politiche, per promuovere iniziative e campagne unitarie sui temi del lavoro (della difesa dei diritti e della lotta alla precarizzazione), dei beni comuni, della accoglienza e dell’inclusione, della democrazia e della pace anche tramite strumenti specifici finalizzati a ciò, come assemblee e consulte territoriali e nazionali, impegnandocial più ampio dialogo e alla più grande collaborazione con tutte le persone e le forze interessate e disponibili per raggiungere questo obiettivo comune.

Il processo unitario a cui vogliamo contribuire deve avvenire nel modo più democratico e partecipato possibile, con il massimo di apertura a tutti gli apporti e il massimo sforzo per arrivare, ovunque possibile, a posizioni e scelte condivise (valorizzazione del punto di vista dell’altro). Per questo apriamo questo appello alle adesioni individuali e collettive, e ci impegniamo a coinvolgere e far partecipare democraticamente in tutti i passaggi successivi chi vi aderirà, con la massima trasparenza e con forme di aggregazione e cooperazione nei territori le più ampie, aperte e partecipative possibile, perché è soprattutto nei “luoghi della vita” che si può costruire l’alternativa. Riteniamo anzi che il progetto non potrà coinvolgere quelle migliaia di uomini e donne che oggi non hanno più fiducia nella politica, né suscitare il loro impegno e le loro energie, se non riusciremo a dar vita a un modo di fare politica davvero “altro”, a tutti i livelli, nelle forme e non solo nei contenuti.

Il 2015 può essere davvero l’anno del cambiamento. Non possiamo non dare anche noi, in Italia, il nostro contributo.

Ci mettiamo a disposizione per costruire insieme a tutte le donne e gli uomini che condividono questa esigenza un grande appuntamento a marzo, che sia l’inizio di questo processo di cui nessuno possiede proprietà o brevetto e di cui ognuno può essere protagonista.

Facciamo ciascuno un passo indietro, per fare insieme due passi avanti.

promosso da Argiris Panagopoulos, Bia Sarasini, Costanza Boccardi, Corrado Oddi, Eleonora Forenza, Giulia Rodano, Margherita Romanelli, Marco Revelli, Maso Notarianni, Massimo Torelli, Maurizio Giacobbe, Paolo Cento, Raffaella Bolini, Roberta Fantozzi, Roberto Morea, Sergio Zampini

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