La Buona Scuola è pessima ma non contiene alcuna teoria gender

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di Federica Bordoni

Per una scuola pubblica, laica, organo costituzionale dello Stato.

A proposito della inesistente ‘teoria del gender’ nei programmi scolastici e dell’offensiva del mondo cattolico oltranzista contro la laicità dell’istruzione dei minori nella scuola pubblica.

Esiste una largo fronte offensivo schierato contro i valori di uguaglianza e pari dignità delle persone che investe il mondo della scuola e che prende le forme di una crociata di istituzioni e gruppi cattolici oltranzisti (e nutre al contempo gli interessi delle scuole paritarie religiose): è la mobilitazione ormai nota contro la cosiddetta ‘teoria del gender’. La poderosa campagna mediatica messa in piedi da almeno un paio di anni, assume ora proporzioni preoccupanti nel momento in cui la legge Giannini-Renzi di controriforma della scuola pubblica e laica della Costituzione repubblicana, ha sdoganato il ruolo delle scuole paritarie, quasi totalmente religiose, consegnando di nuovo l’istruzione dei minori nelle mani della cultura confessionale. Si rischia così di trasformare l’intero impianto della laicità dello Stato.

di Federica Bordoni

Per una scuola pubblica, laica, organo costituzionale dello Stato.

A proposito della inesistente ‘teoria del gender’ nei programmi scolastici e dell’offensiva del mondo cattolico oltranzista contro la laicità dell’istruzione dei minori nella scuola pubblica.

Esiste una largo fronte offensivo schierato contro i valori di uguaglianza e pari dignità delle persone che investe il mondo della scuola e che prende le forme di una crociata di istituzioni e gruppi cattolici oltranzisti (e nutre al contempo gli interessi delle scuole paritarie religiose): è la mobilitazione ormai nota contro la cosiddetta ‘teoria del gender’. La poderosa campagna mediatica messa in piedi da almeno un paio di anni, assume ora proporzioni preoccupanti nel momento in cui la legge Giannini-Renzi di controriforma della scuola pubblica e laica della Costituzione repubblicana, ha sdoganato il ruolo delle scuole paritarie, quasi totalmente religiose, consegnando di nuovo l’istruzione dei minori nelle mani della cultura confessionale. Si rischia così di trasformare l’intero impianto della laicità dello Stato.

Breve storia ragionata del fenomeno.

Va innanzitutto chiarito che non esiste alcuna ‘teoria del gender’ e che la stessa definizione è una creazione di fantasia che niente ha a che vedere con teorie scientifiche. Rimandiamo ai numerosi articoli che possono agevolmente essere consultati sul web.

Esiste, invece, l’esigenza civile di non discriminare le differenti e legittime forme di orientamento sessuale, esistenti indipendentemente dalla scuola, dalle nostre opinioni politiche e ideologiche o dalle intenzioni dei vari gruppi religiosi.

Esiste, invece, l’Art. 3 della nostra Costituzione repubblicana che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E, indubbiamente, la discriminazione è uno strumento di disparità e di ingiustizia sociale che va combattuto. Infatti, l’articolo citato aggiunge: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. La scuola, in quanto istituto costituzionale dello Stato, importante nella formazione di quello che – per dirla con Calamandrei – è il ‘sangue’ repubblicano, forma infatti i cittadini secondo i principi della stessa Costituzione e non può essere strumento di culture discriminatorie.

Ed esiste, al contempo, una reale offensiva ideologica volta contro la scuola pubblica e laica: i passi principali sono quelli illustrati di seguito.

È un bel po’ che alcuni vescovi e associazioni e vari organismi religiosi e confessionali divulgano allarmi. L’ha fatto, ad esempio, il Cardinale Bagnasco in apertura del Consiglio della Conferenza Episcopale Italiana (68a ASSEMBLEA GENERALE Roma, 18 – 21 maggio 2015) in cui paragona il principio costituzionale sull’uguaglianza e la pari dignità delle persone a “Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX” i quali “non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, pretesa la modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico” (Papa Francesco, Discorso alla Delegazione dell’Ufficio internazionale Cattolico dell’Infanzia, 11.4.2014) … A Napoli il Papa disse che la cosiddetta “teoria del gender” è uno “sbaglio della mente umana” (Discorso 21.3.2015) e, successivamente, ha espresso il dubbio “se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa” (Papa Francesco, Udienza generale, 15.4.2015)”. Dunque anche il Papa, secondo la ricostruzione storica dello stesso Cardinal Bagnasco, bolla come dittatoriale tale teoria che in questo stesso documento, viene qualificata appunto come ‘cosiddetta’.

Sull’argomento, cioè sulle modalità, sui tempi e sui contenuti di tale campagna di disinformazione, rimandiamo a un esaustivo articolo di Leonardo Bianchi (Internazionale.it del 13.3.2015, dal titolo “La teoria del gender nel mirino dei nuovi crociati”), che citiamo di seguito: “In Italia, uno dei veicoli utilizzati da suddetti spietati coloni (cioè da coloro che, contrariamente alla Chiesa, sostengono la pari dignità di ogni persona) sarebbe la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, un progetto ministeriale adottato nel 2013 per recepire un programma del Consiglio d’Europa. … (In quello stesso anno), a novembre era scesa in campo la diocesi di Milano, che aveva chiesto agli insegnati di religione della zona di effettuare una sorta di schedatura delle scuole che si fossero macchiate dell’orribile peccato di parlare di omosessualità e identità di genere. All’incirca nello stesso periodo, il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria aveva stilato un decalogo di “autodifesa” per combattere la teoria del gender”.

È stata redatta addirittura una lettera da far spedire ai genitori ai dirigenti scolastici, che qualcuno fra gli insegnanti ha già ricevuto concretamente ed è in corso una campagna mediatica di bufale volte a impaurire i genitori, come quella sulla masturbazione precoce (confronta ad esempio la notizia riportata in Ilfattoquotidiano.it del 20 giugno 2015 da Chiara Daina che titola “Scuola, preside invia circolare su gender. Miur: “Ora chieda scusa alle famiglie”. Una dirigente scolastica di Roma aveva spedito una lettera ai genitori degli alunni in cui scriveva che il ddl scuola, tra i punti sull’educazione di genere, prevede anche la “masturbazione infantile precoce”. Il Ministero: “Iniziativa partita da lei. Il dicastero non c’entra nulla”).

È nel mirino di tali forze moralizzatrici anche l’art. 1, comma 16 della legge 107/2015 (la pessima controriforma della scuola Giannini-Renzi, immodestamente denominata dai suoi ideatori “La buona scuola”), forse uno dei pochi articoli di quel testo che aderisce ancora al dettato costituzionale e che recita: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5 -bis , comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013 (del Ministero delegato per le pari opportunità, in materia di sicurezza e a contrasto della violenza di genere, che recepisce la programmazione dell’Unione europea per il periodo 2014-2020)”.

Niente di cui avere paura, dunque, anzi una azione culturale e sociale, il contrasto della violenza di genere, da sostenere con forza.

Invece, ecco che 11 cittadini hanno depositato un referendum abrogativo che chiede: “Volete voi che sia abrogato il comma 16 dell’art. 1 della Legge 13 luglio 2015, n. 107 (“Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”), limitatamente alle parole “di genere” e “al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013”? Annuncio di una richiesta di referendum popolare (15A06676) (GU Serie Generale n.198 del 27-8-2015). La testata Orizzontescuola.it (Referendum per cancellare “teoria gender” dalla riforma del 28.08.15) riporta la notizia che “È stato pubblicato in Gazzetta ufficiale un annuncio della Corte di Cassazione di richiesta di referendum popolare – avanzata da “undici cittadini italiani” – per cancellare dal testo della Legge 107-2015, denominato  ‘Buona scuola’ (approvato a luglio) il riferimento al “genere” nella parte in cui si parla di prevenzione della violenza e delle discriminazioni …”.

Intanto, una notizia reale è che a Schio (Padova) sta per nascere la prima scuola paritaria no gender per genitori omofobi.

Il rischio che viene dunque aperto dalla ultima pessima legge sulla scuola attraverso il finanziamento pubblico delle scuole private, attuato nelle forme di veri e propri finanziamenti mirati e delle esenzioni fiscali, quindi di rinuncia alle entrate finanziarie, per le iscrizioni rivolte a tali scuole, e il depotenziamento della scuola pubblica e laica, è quello della perdita di laicità nell’istruzione e della progressiva confessionalizzazione del pensiero anche nella scuola dello Stato.

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