I vecchi ferri del mestiere

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Il concetto base per poter pensare seriamente alla nascita futura di un soggetto politico realmente alternativo in grado di governare il Paese è quello dell’auto-organizzazione e auto-rappresentanza politica del sociale.

Capisco l’abitudine a ragionare nei termini con cui per decenni vari abbiamo fatto politica ma la politica è lettura della realtà e ricerca di strategie cogenti con essa.
Soprattutto chi faceva politica come me, già negli anni ’60 e ’70, tende a cadere in questi schemi che poco hanno della pratica politica che non può essere mai dogmatismo ma metodologia.
Oggi la realtà è mutata rispetto a dieci, vent’anni fa, ma anche rispetto all’anno scorso.

Il vecchio armamentario politico non funziona più ma spesso abbiamo una coazione a ripetere che deriva dall’avere consciamente o meno introiettato alcune pratiche come se fossero “i ferri del mestiere” unici e indispensabili.

Così parole come unità della sinistra, federatività, proposte e programmi da presentare per ricerca del voto, struttura partitica, ecc. sono quelle a cui si ricorre quasi automaticamente, non perché la lettura della realtà  le faccia emergere come necessarie ma perchè per “fare politica” siamo abituati a questi metodi.

Così come ci sembrano necessari convegni, deleghe, tessere, ecc. e un po’ come la volpe con l’uva rifiutiamo a priori qualsiasi novità, vista come spontaneismo, virtualità (nell’accezione deteriore del termine), antipolitica.

Oggi l’unica antipolitica è quella di ostinarsi a ripetere le formule passate nonostante siano fallite più volte, usando gli stessi metodi che usano quelli che critichiamo e pensando che solo una differenza di contenuti o una semplice maggiore “democraticità” applicata a vecchie strutture possa darci risultati diversi da quelli fallimentari del passato.
Ragioniamo come se nella società nulla fosse cambiato e per cercare un’alternativa la prima cosa che ci viene in mente è quella di fare un nuovo partito unitario.

Si perde di vista il percorso che oggi, purtroppo e non per scelta, non può che essere lungo e difficile.
Questi tentativi non solo sono inutili ma dannosi, in quanto producendo nuovi fallimenti aumenteranno ancora di più il distacco dalla politica, la delusione, l’astensione.

Oggi non servono partiti con proposte credibili, programmi seri, persone capaci che si propongano all’elettorato come alternativa.
E’ l’elettorato stesso che deve farsi “organizzazione politica” senza avere un’organizzazione “altra da sé” a cui affidare il ruolo politico.
Politico e sociale non possono che essere la stessa cosa nel momento in cui sono le parti sociali, nel loro incontrarsi, a farsi “politiche”.
Ogni altro tentativo di riverniciatura dei vecchi ferri del mestiere è fallimentare.

 

Gian Luigi Ago

 

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