“Tsipras ha aperto una breccia”.
da Il manifesto, 18 maggio 2015
“Tsipras ha aperto una breccia”. Così abbiamo detto in tanti dopo la vittoria di Syriza. Una breccia in quel muro che caratterizza l’”Europa Reale”. Il muro dell’austerità, che è insieme dominio sociale, geopolitico e vero e proprio apartheid, soprattutto visto da Sud, dal Mediterraneo e dai migranti. La breccia non si è richiusa, nonostante la protervia delle leaderships Ue a murare vivo il nuovo corso ellenico. Che invece è stato bravo a tener aperto lo spazio conquistato, il consenso tra il proprio popolo e le contraddizioni in casa delle oligarchie.
A sostegno del popolo greco, si sono schierati in tanti. Appelli, manifestazioni, iniziative. Coalizioni dedicate e movimenti di solidarietà. Alcune reti — Transform, Blockupy, la Sinistra Europea — si sono messe al servizio. Ad Atene, il due maggio, il coordinamento europeo ha promosso una settimana di iniziativa dal 20 al 27 giugno. Ma siamo tutti consapevoli che la battaglia greca si sta svolgendo, nei fatti, in solitudine. La saldatura, evidente e visibile, delle lotte anti-austerità e per i diritti in Europa non c’è stata. Ciascuno continua a cercare di scalfire il muro dal suo lato, invece che provare a passare tutti insieme.
In questo quadro, la mobilitazione contro l’Europa fortezza, per un Mediterraneo e una Europa della dignità che si sta preparando per fine giugno in Italia — in contemporanea per ora con Berlino e Londra — è di grandissima importanza.
I migranti, la loro condizione crudele ed assurda insieme, sono un paradigma decisivo per leggere l’Europa attuale. Che ha bisogno di loro, come scrive nei suoi documenti ufficiali, e poi nega loro il diritto di muoversi per cercare vita e lavoro. E di farlo non come nuovi schiavi ma come soggetti liberi. Questo spartiacque di civiltà sembrava affrontato con la fine della servitù della gleba ed oggi invece viene riproposto.
Per non parlare delle guerre create dall’Occidente e dall’Europa di cui non si ha il pudore di assumersi le responsabilità, mentre si continua nella crudele ipocrisia di far balenare una falsa speranza di asilo mentre si cercano le coperture dall’Onu per nuove azioni militari, e si blindano le frontiere contro chi cerca asilo.
Questa Ue dichiara guerra agli scafisti di migranti ma lascia liberi di agire gli scafisti della finanza, quelli che fanno viaggiare i capitali alla velocità di quattro millesimi di secondo, rifiutando ogni regola. Gli scafisti della Bce che usano la “indipendenza” di una Banca che si è fatta Stato per veicolare pratiche di vera e propria usura –come quelle insite nel cosiddetto meccanismo salva stati– e di sostegno ad una integrazione tutta a favore dei forti.
Una Ue così rischia di crollare non per le picconate di Tsipras ma, come il Socialismo Reale, per la sua consunzione. Il voto nel Regno Unito ha visto la vittoria di Cameron, il vero erede di Blair. Suona persino un po’ ridicolo proporre al Labour sconfitto il ritorno a Blair. In tutta evidenza Cameron ha potuto vincere perché si è avvalso di ciò che aveva fatto Blair –e cioè avviare la distruzione di quella idea di integrazione sociale che è il solo vero collante della integrazione europea. E infatti la vittoria di Cameron si fonda sullo scollamento della stessa Gran Bretagna, con i Tories e il Labour ormai a rappresentare solo la vecchia Inghilterra. Cresce, dalla Scozia all’Irlanda passando per il Galles, una nuova dimensione di forze nazionali che però incorporano in modo crescente, e positivo, la questione sociale.
La vecchia Inghilterra invece, deprivata di senso sociale, sarà protagonista di un referendum sulla Ue questo sì potenzialmente dirompente. E come pensa di reagire la Ue? Sta discutendo di una propria riforma della governance che, lungi dal prendere atto del fallimento della austerità e della crisi democratica, pensa di salvarsi con una riedizione della vecchia idea della Europa a due velocità. Un tempo erano i socialisti a proporre un’area più integrata politicamente e più sociale.
Ora è la Merkel a proporre invece un’area euro con un suo Parlamento di secondo livello, a ferreo controllo tedesco e a rigida austerità. Con la grande Ue ridotta ad area di libero scambio. E in tutto questo l’erede di Berlusconi, Renzi, non a caso gioca la carta del Partito della Nazione — una sorta di zatterone per mettere in salvo pezzi di nomenclature economiche e politiche nel diluvio.
Chi ha a cuore l’Europa come prospettiva di grande realtà sociale deve dunque far di tutto perché nella breccia di Tsipras passino tante forze di liberazione. Così ancora non è. Manca, persino nella narrativa, un forte e unito campo europeo per i diritti, la democrazia, la dignità, che faccia percepire i nessi fra le lotte greche, quelle sul salario in Germania, sulla scuola in Italia, per i rifugiati e i migranti, per il basic income europeo.
Dalla Grecia è arrivata in queste ore una lettera aperta. Chiede a tutti gli attori sociali, da martedì 18 maggio, di inserire sulla mappa del sito di change4all le iniziative, le manifestazioni, i dibattiti del prossimo mese, contro l’austerità e non solo. C’è un logo, che si chiede a tutti di aggiungere ai propri. E’ un piccolo gesto, e non cambierà certo la storia. Ma è un segno: dice il bisogno che abbiamo, ovunque siamo e per qualunque causa ci battiamo, di darci forza a vicenda in Europa. Proviamoci.