Sorpresa, l’omosessualità non offende

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da Il manifesto, 19.3.2015

Sentenza storica del tribunale di Roma. Querela per diffamazione per una copertina del 2012. La giudice Valeria Ciampelli ha assolto Norma Rangeri con formula piena: “Il fatto non sussiste”. L’accostamento all’omosessualità non è (più) reato. E’ la prima volta per la magistratura italiana

Una causa di dif­fa­ma­zione che ci ha visto invo­lon­tari pro­ta­go­ni­sti abbatte un muro della giu­ri­spru­denza e apre una brec­cia impor­tante per i diritti civili. Fino a mer­co­ledì scorso acco­stare una per­sona qua­lun­que all’omosessualità è stato sem­pre giu­di­cato di per sé — con­si­de­rato il pre­sunto sen­tire col­let­tivo di que­sto paese — causa di discre­dito e pub­blico ludi­brio. E per­ciò senza ecce­zioni sem­pre diffamatorio. Una sen­tenza sto­rica della giu­dice Vale­ria Ciam­pelli ha invece assolto il mani­fe­sto per il titolo «Matri­mo­nio all’italiana» pub­bli­cato nella coper­tina del 16 marzo 2012 che rac­con­tava un’altra sen­tenza sto­rica, ma della Cas­sa­zione, sul caso di due cit­ta­dini ita­liani spo­sati in Olanda ai quali veniva rico­no­sciuto sì «il diritto a una vita fami­liare» ma vista l’assenza di una legge, in Ita­lia quell’unione – legit­tima – era pur­troppo priva di effetti giuridici. Una per­sona ete­ro­ses­suale ritratta sul gior­nale si è sen­tita dif­fa­mata dall’accostamento e ha que­re­lato la direttrice. Il tri­bu­nale di Roma, rom­pendo un tabù decen­nale, ha però dato ragione all’avvocato Mar­cello Mar­chesi, che ha difeso il mani­fe­sto (e i diritti di tutti), avva­len­dosi anche della testi­mo­nianza di Imma Bat­ta­glia, orga­niz­za­trice dell’iniziativa illu­strata in quella copertina. Essere omo­ses­suali non è un reato né un ille­cito. È una espres­sione libera e neu­tra della pro­pria ses­sua­lità ed esservi acco­stati non può (più) essere con­si­de­rato di per sé come un’offesa. Tan­to­meno in un gior­nale che si è sem­pre bat­tuto con­tro le discri­mi­na­zioni e per i diritti civili. La nostra asso­lu­zione è stata piena: «Il fatto non sussiste». La ses­sua­lità è un diritto che la comu­nità intera ha il dovere di rispettare. Spe­riamo che ora cada anche l’ultimo tabù, il più grande, quello di un par­la­mento che da decenni resta muto e sordo a ciò che la società e la magi­stra­tura hanno ormai dimo­strato di saper inter­pre­tare e accettare.

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