La Grecia parla di noi e della democrazia.

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di Salvatore Bonadonna

13 febbraio 2015

L’intelligenza e il coraggio con cui Tsipras e il governo greco hanno impostato il confronto con l’Unione Europea, a partire dal rifiuto di trattare con la troyka, sta determinando un autentico sommovimento nell’Europa del pensiero unico. I detentori del potere finanziario e i suoi amministratori, Mario Draghi in primis, hanno manifestato la propria chiusura scaricando sulla struttura politica dell’Eurogruppo il compito di vedersela con la Grecia. Anghela Merkel, il fedele Juncher, collocato alla presidenza della Commissione, e il suo rappresentante Schultz, messo a presiedere il Parlamento Europeo, hanno capito il messaggio e si sono allineati. Ovviamente Renzi ha manifestato con solerzia la libidine di servaggio: è bastata una telefonata prima dell’incontro con Tsipras. Adesso pare che comincino a capire che Tsipras non è disposto ad accettare i dictat; vedremo come finirà l’Eurogruppo, intanto sembra essere messa fuori gioco la troyka. E’ un buon inizio. 

La proposta greca di diluire il debito, di rapportare gli interessi alla crescita effettiva del paese, di aprire una conferenza europea sul debito, mette in discussione l’impalcatura ideologica e la strumentazione pratica con la quale, cancellata la democrazia reale e messa in naftalina quella formale, è stato affidato alla finanza internazionale e, ai suoi rappresentanti nelle diverse aree del mondo, il potere di drenare tutte le risorse disponibili tagliando progressivamente le forme di welfare nei diversi paesi e garantendo che le nuove risorse create siano destinate a pagare interessi a quei creditori presentati come i benefattori dei singoli paesi e dell’Europa. Anzi, più deboli erano i paesi e con maggiore prodigalità si proponevano prestiti! 

Il meccanismo è quello classico dell’usura di cui sono maestri i “cravattari” nostrani: anche loro minacciano e colpiscono e uccidono le vittime ormai messe nella condizione di non potere pagare neppure gli interessi sui prestiti ritenuti necessari e di cui si erano fatti erogatori. Del resto la distribuzione dei redditi nazionali è stata orientata a ingrassare profitti e rendite di fasce ristrette delle popolazioni a scapito delle classi subalterne e di ceti medi sempre più impoveriti; ma anche a scapito degli investimenti per lo sviluppo.

Accettare il terreno di confronto proposto dal governo greco significherebbe fare crollare il castello delle mistificazioni su cui ha preso corpo e vigore il neoliberismo nell’epoca della globalizzazione della finanza.

Occorre avere consapevolezza che lo scontro che si è aperto, grazie alla vittoria di Syriza e alla determinazione del popolo greco, è drammatico e foriero di esiti imprevedibili, compreso quelli che, dal Patto di Roma in poi, noi cittadini europei avevamo persino cancellato dal novero delle possibilità. La guerra economica può anche avere manifestazioni autoritarie e violente come ha evocato con preoccupazione Krugmann richiamando l’avventura dei Colonnelli e il legame con la Nato e la Germania dell’epoca.

Le quantità economiche relative alla Grecia sono risibili se rapportate al complessivo debito dei paesi della UE (solo il 3%), il suo debito è circa il 10% di quello italiano; però, con le norme vessatorie imposte dal memorandum della troika, rappresentano un nodo scorsoio che ha soffocato e continua a soffocare il popolo. Quello che la Grecia può produrre, in queste condizioni, non è sufficiente neppure a pagare gli interessi. Come nelle condizioni classiche il capitale richiede sacrifici umani; e sacrifici umani la Grecia paga da anni. La troyka ritiene insopportabile che Tsipras, con il mandato del suo popolo e del suo Parlamento, intenda mettere in discussione questo assetto di potere. E fa bene a temere che l’esempio greco possa risvegliare le coscienze ottenebrate da anni di propaganda ideologica volta a far crescere una sorta di senso di colpa nelle stesse classi subalterne che avevano lottato per conquistare diritti e potere. I gazzettieri nostrani, dalle pagine paludate dei grandi giornali, fanno a gara a sostenere che i compiti a casa vanno fatti; non so se direbbero la stessa cosa se tra questi compiti rientrasse la riduzione del loro reddito ai livelli dell’operaio specializzato della FIAT o dell’ILVA, o del funzionario del Catasto o di un ufficio comunale!

Sta qui il significato profondo della solidarietà che si manifesta verso la Grecia da parte delle classi subalterne di tutti i paesi europei, da parte degli studiosi e degli intellettuali, economisti in primo luogo, che hanno giudicato e giudicano devastanti, per le condizioni sociali e per la democrazia, le norme imposte da trattati mai validati dal responso popolare e le regole decise da organismi tecnocratici in favore dei quali le cosiddette classi dirigenti politiche hanno devoluto il potere. Proprio per questo hanno su cui riflettere le sedicenti forze riformiste nostrane che hanno inserito il fiscal-compact nelle Costituzione Repubblicana.

Dunque solidarietà alla Grecia e a Tsipras, con la consapevolezza che è una battaglia per noi tutti.

E il sostegno alla Grecia, dunque, deve prodursi a partire dalla ferma opposizione ai provvedimenti che il governo Renzi ha fatto e continua a volere fare approvare in funzione di allineare l’Italia ai dictat della troyka. Dalla distruzione dei diritto del lavoro allo smantellamento della contrattazione e alla ulteriore destrutturazione del mercato del lavoro, dalla progressiva spinta alla privatizzazione dei servizi pubblici, dalla svendita del patrimonio produttivo e di quello immobiliare pubblico fino alla liquidazione per decreto delle Banche Popolari (con conseguenti manovre di insider trading) al fine di renderle un boccone facile per i famelici finanzieri d’assalto che lo sostengono. La destrutturazione dell’ordinamento democratico, attraverso le cosiddette “riforme istituzionali”, e una legge elettorale che fa impallidire la legge Acerbo e rimpiangere la Scelba del ’53, costituiscono la infrastrutturazione di questo disegno reazionario ed autoritario. 

Quello che Tsipras combatte in Grecia è quanto Renzi sta cercando di realizzare in Italia lungo la strada aperta da Monti su mandato dell’ormai ex Presidente Napolitano. 

La FIOM, i sindacati tedeschi, la Confederazione Europea dei sindacati hanno manifestato la piena consapevolezza della posta in gioco, e non a caso vedono nella posizione del governo greco la opportunità per cambiare strada e costruire una alternativa all’ordocapitalismo che da anni guida la politica europea. Un’altra Europa, quella immaginata solidale e pacifica, fondata sui principi di libertà ed uguaglianza, sul potere come emanazione della volontà popolare, è alla portata. Non è un caso se le forze che organicamente sostengono il disegno di Renzi, e della troyka, individuano nel PD il baluardo contro l’alternativa possibile e necessaria.

Quindi, oltre la generosità con cui manifesteremo il nostro sostegno a Tsipras e a Syriza, alla Grecia, dobbiamo mettere in campo la intelligenza e la passione, la capacità progettuale ed organizzativa per costruire in casa nostra l’alternativa a questa Italia e a questa Europa.

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