È ora di una Syriza italiana

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Austerità. Il grande imbroglio che ha condannato la Grecia e l’Europa. Il «QE» di Draghi (1140 miliardi!) non andrà ai governi in difficoltà, ma a banche e speculatori. Il boom del debito pubblico è dovuto alla corruzione,alle grandi opere e all’evasione fiscale

Guido Viale

Ma la Gre­cia pagherà il suo debito? Ed è vero che se non paga, a rimet­terci saremo anche noi con­tri­buenti ita­liani che abbiamo con­corso al «sal­va­tag­gio» della Gre­cia con 40 miliardi? No. È vero solo che lo Stato ita­liano, attra­verso BCE e Fondo salva-stati, ha pre­stato alla Gre­cia 40 miliardi, aumen­tando di altret­tanto il suo inde­bi­ta­mento. Ma quei soldi non ritor­ne­ranno mai indie­tro, sia che la Gre­cia si impe­gni a ono­rare il suo debito, sia che dichiari di non volerlo fare. Ovvero, sono iscritti nel bilan­cio dei due paesi come debiti e cre­diti che non ver­ranno mai pagati né riscossi, ma che pese­ranno molto sulle loro poli­ti­che economiche.

In realtà, nes­suno Stato ha mai resti­tuito i pro­pri debiti. Per lo più, sono stati «rias­sor­biti»: o con l’inflazione o con la cre­scita del Pil. Entrambe le cose ridu­cono nel tempo il rap­porto debito/Pil: per­ché il nume­ra­tore è espresso in valori costanti men­tre il deno­mi­na­tore aumenta con l’inflazione, con la cre­scita, o con entrambe. Oppure sono stati ridotti, quei debiti, con con­doni o default (insol­venze), più fre­quenti di quanto si dica. Cio­no­no­stante i governi dell’Unione euro­pea si sono impe­gnati, con il Fiscal com­pact, in un’impresa impos­si­bile: resti­tuire i loro debiti fino a ripor­tarli, in vent’anni, al 60 per cento dei rispet­tivi Pil. Comun­que sia la Gre­cia non ha e non avrà mai il denaro per ripa­gare quel pre­stito, nem­meno se riu­scisse a cre­scere a ritmi cinesi.

Cosa impro­ba­bile, dato che da quando la Tro­jka si è presa cura della sua eco­no­mia il Pil della Gre­cia è eva­po­rato, il suo debito è esploso, occu­pa­zione e pro­du­zione sono crol­lati. I miliardi pre­stati alla Gre­cia per «sal­varla» sono finiti nelle ban­che tede­sche: uno degli Stati «cicala» ha sal­vato le ban­che dello Stato «for­mica» per eccel­lenza. Che adesso li rin­gra­zia accu­san­doli di sper­pe­rare il denaro dei suoi con­tri­buenti! E’ la stessa ope­ra­zione fatta con tutti gli altri Stati finiti sotto il con­trollo del FMI, come Por­to­gallo e Irlanda, o sotto la «vigi­lanza» della BCE, come Spa­gna e Ita­lia. Siamo accu­sati di aver vis­suto «al di sopra delle nostre pos­si­bi­lità», men­tre sono anni che salari, pen­sioni e spesa pub­blica ven­gono tagliate per pagare, a ban­che e spe­cu­la­tori, inte­ressi sem­pre più esosi (per l’Italia quasi 100 miliardi all’anno! Dal 1981 ad oggi, circa 3.500 miliardi: quasi una volta e mezza il debito pub­blico del paese).

Per­ché nel 1981 c’è stato il «divor­zio» tra Banca d’Italia e Governo (diven­tato poi sepa­ra­zione per­pe­tua tra BCE e governi dell’eurozona). Che cos’è? Prima del 1981, quando il Governo ita­liano voleva finan­ziare una parte della pro­pria spesa in defi­cit (cioè di spen­dere più di quello che incas­sava con le tasse) emet­teva dei titoli di Stato (BOT e CCT), la Banca d’Italia li com­prava e poi, se lo rite­neva oppor­tuno, li riven­deva a ban­che e rispar­mia­tori; altri­menti li teneva e li pagava aprendo un conto cor­rente di pari importo a favore del Tesoro (quello che comu­ne­mente si chiama «stam­pare moneta»; o «moneta eso­gena»). Quel denaro, una volta entrato in cir­co­la­zione attra­verso le spese dello Stato, con­cor­reva a soste­nere la domanda glo­bale, cioè gli sboc­chi di mer­cato per le imprese e, attra­verso di esse, l’occupazione; oppure, se le imprese ita­liane non erano in grado di sod­di­sfarla con una mag­giore pro­du­zione, la domanda aggiun­tiva pro­du­ceva un aumento dei prezzi (infla­zione) o in un aumento delle impor­ta­zioni (e, quindi, in un pas­sivo nella bilan­cia com­mer­ciale, da ripor­tare prima o dopo in equi­li­brio con una svalutazione).

Quel sistema è stato sop­presso con la moti­va­zione che favo­riva una spesa pub­blica fuori con­trollo e che l’inflazione inne­scava una spi­rale prezzi-salari che avrebbe distrutto l’equilibrio eco­no­mico delle imprese. Da allora il defi­cit dello Stato viene finan­ziato solo «sul mer­cato», ven­dendo titoli di debito pub­blico a rispar­mia­tori, ban­che, assi­cu­ra­zioni e spe­cu­la­tori. Le con­se­guenze sono due: 1. gli inte­ressi ven­gono fis­sati dal «mer­cato», cioè dalla spe­cu­la­zione; sono molto più ele­vati e si accu­mu­lano nel tempo a un tasso com­po­sto. In dieci anni il debito pub­blico dell’Italia è infatti pas­sato dal 60 al 120 per cento del PIL. 2. quando il debito pub­blico diventa troppo ele­vato l’intera poli­tica degli Stati fini­sce in mano all’alta finanza e agli spe­cu­la­tori. Che, per garan­tire il paga­mento rego­lare degli inte­ressi e il rim­borso dei titoli di Stato alla loro sca­denza (cosa che avviene rin­no­van­doli: cioè ricom­pran­doli con il rica­vato di nuove emis­sioni), impon­gono agli Stati dei tagli sem­pre più feroci alla spesa pub­blica: cioè a pen­sioni, sanità, istru­zione, pub­blico impiego e inve­sti­menti. Ma la BCE non ha certo smesso di creare nuovo denaro. Lo sta per fare anche ora con il quan­ti­ta­tive easing (1140 miliardi!); ma non per darli ai governi in dif­fi­coltà, bensì a ban­che e speculatori.

Dun­que la Gre­cia non ha colpe? E l’Italia nem­meno? No, non ne ha la mag­gio­ranza della popo­la­zione, che non ha tratto alcun van­tag­gio da que­sti mec­ca­ni­smi; ma se ne sono avvan­tag­giati, e molto, coloro, sem­pre più ric­chi, che ave­vano soldi da inve­stire in que­ste ope­ra­zioni. Ma le respon­sa­bi­lità ci sono, eccome! Le stesse in Gre­cia e in Ita­lia. Si chia­mano cor­ru­zione, eva­sione fiscale, elu­sione (l’evasione fiscale «legale»: spe­cia­lità di Junc­ker quando era Pre­si­dente del Lus­sem­burgo), inte­ressi sul debito e spese inu­tili e dan­nose, come Grandi Opere, Grandi Eventi, arma­menti. Olim­piadi e armi sono i due grandi capi­toli di spesa, finan­ziati da ban­che tede­sche e fran­cesi, che hanno affon­dato il bilan­cio della Gre­cia. E sono spese che con­ti­nuano a venir fatte anche in Ita­lia. Met­tendo insieme tutti i costi della cor­ru­zione, o quelli dell’evasione, o gli inte­ressi sul debito, in soli venti anni abbiamo, per cia­scuna di que­ste voci, una somma mag­giore del debito pub­blico del paese.

Eppure, dopo aver messo sotto accusa la Gre­cia per sper­pe­rare da cicala ciò che la for­mica Ger­ma­nia rispar­mia, le auto­rità euro­pee e il FMI hanno affi­dato il risa­na­mento del paese, e vole­vano con­ti­nuare ad affi­darlo, alla stessa mag­gio­ranza respon­sa­bile di quelle mal­ver­sa­zioni. La situa­zione in Ita­lia non è diversa: al posto di Pasok e Nuova Demo­cra­zia abbiamo Pd e Forza Ita­lia; e al posto di Papan­dreu e Sama­ràs abbiamo Renzi e Ber­lu­sconi. È ora che anche da noi arrivi una Syriza italiana!

Da Il manifesto, 3.2.2015

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